Una raccolta di libri che non possono mancare nella libreria di un fotografo.
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Un’autentica bugia – La fotografia, il vero, il falso – di Michele Smargiassi. CONTRASTO
Testo illuminante sul rapporto tra fotografia e realtà e su cosa possiamo e dobbiamo aspettarci dalla fotografia e, soprattutto, cosa dobbiamo pretendere da essa.
L’autore affronta da molteplici punti di vista il valore probatorio della fotografia, dimostrando, alla fine, come quest’ultima, sebbene dotata di un elevatissimo carattere mimetico, non può da sola fornire alcuna attestazione assoluta della realtà.
La sintesi è la parafrasi, da parte dell’autore, del celebre aforisma di Hine, così rimodulato:
“La fotografia non può che mentire, ma lo ammetterebbe sinceramentese i bugiardi non la costringessero a fingere di essere sincera“.
Un must!
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Se il termine Fautographie – errore fotografico – sembra risalire a Man Ray, la pratica, nelle sue molteplici forme, è antica quanto la fotografia stessa. Cancellature e fallimenti, sorprese belle o brutte, détournements, lapsus e pasticci hanno delimitato la sua storia, fecondato le avanguardie, ispirato le teorie piú importanti e le esperienze piú fantasiose, suscitato dibattiti estetici spinosi quanto appassionanti. Secondo Gaston Bachelard «è in forma di ostacoli che bisogna porre il problema della conoscenza scientifica». È questo il modello epistemologico su cui si basa il presente saggio, che scommette sull’errore fotografico come strumento cognitivo: è nelle sue ombre, nei suoi scatti errati, nei suoi accidenti e nei suoi lapsus che la fotografia si svela e meglio lascia analizzare la sua natura.
L’errore fotografico non si avvicina quindi alle fotografie errate con lo spirito con cui Rimbaud si avvicinava ai «dipinti idioti», e neppure difende o esalta ciò che dagli altri è vilipeso, per gusto stravagante o semplice civetteria. Non cede neppure alla tradizione letteraria dell’apologia paradossale, facendone l’elogio. Al contrario, questo piccolo trattato di «erratologia» fotografica, per esteti, storici dell’immagine e curiosi, cerca prima di tutto di circoscrivere i lapsus di quel medium e di comprendere ciò che rivelano, tenendosi a distanza dal semplice museo degli orrori, dalle collezioni che allineano esemplari anomali, sempre a rischio di sconfinare nella teratologia. Unendo a serietà, precisione e leggerezza un’erudizione che attinge alla storia delle immagini come alla tecnica dei manuali d’amatore o alle teorie della modernità, Clément Chéroux propone una visita guidata coerente, divertente e riccamente illustrata di questa piccola ma inesauribile galleria degli errori.
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La vita di Mario Giacomelli è stata quella di un uomo speciale, ma di un uomo, prima ancora di essere quella di un celebre fotografo conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Un uomo con le stesse paure di milioni di altri uomini, con le stesse domande senza risposte; una persona che nella vita ha affrontato nascite e morti, e che ha avuto gli stessi problemi di tutti i giorni di chiunque altro. Un’esistenza sensibile, che ha scelto la strada della fotografia e della poesia, con le quali egli ha condiviso la sua vita in modo semplice -non facile – puntando al cuore delle cose, alla sostanza; un uomo che ha evitato il superfluo, che è uscito dalla “folla” con le sue immagini apprezzate in tutto il mondo, che ha sempre preferito, alle pubbliche relazioni e alla vita dei grandi centri d’arte del mondo, la pace della sua piccola città e il profilo dolce delle sue colline, che non ha mai smesso, fino alla fine, di fotografare.
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Di fronte al moltiplicarsi della fotografia, all’onnipresenza dell’immagine e all’incalzare dei messaggi che reclamano tutti con massima urgenza la nostra attenzione, non manca chi si è posto a riflettere sui problemi che tutto ciò solleva, sugli schock e le abitudini che derivano da queste frequentazioni. I saggi che a questo tema ha dedicato la Sontag occupano un posto particolare, perché tutti i motivi, le suggestioni, i problemi e le relazioni, vengono non solo ripensati e riproposti, ma anche verificati allargando il discorso all’intera situazione culturale e politica, individuando una rete di significati nell’evoluzione della fotografia che gettano luce nuova e diversa sul fenomeno e consentono una ricapitolazione stimolante ed esaustiva.
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Roland Barthes – La camera chiara, nota sulla fotografia
Questa nota sulla fotografia (nota nel senso di riflessioni, considerazioni, anche digressione), scritta da Roland Barthes pochi mesi prima della morte, risulta il suo testo piú penetrante. La fotografia, «medium bizzarro, nuova forma di allucinazione: falsa a livello della percezione, vera a livello del tempo», viene scrutata non in sé, ma attraverso un certo numero di casi, fotografie con le quali si stabilisce una speciale corrente determinata da «attrazione» e «avventura», in un raccordo con la cultura surrealista della foto-descrizione anni Trenta e con una riconsiderazione dell’immaginario sartriano anni Quaranta, e un oggi, un qui e ora, puntualmente vissuto e colto. Passando poi a uno scavo autobiografico obiettivo – «dovevo penetrare maggiormente dentro di me per trovare l’evidenza della Fotografia» – in cui si ricrea, in una sorta di percorso proustiano, il sentire per affetti e sentimenti. Perché il discorso è interrogazione, è dialogo, ma è anche confessione; al «linguaggio espressivo» e al «linguaggio critico» se ne aggiunge un altro, piú ineffabile e rilevante, vera e propria premonizione: da qui scaturisce una considerazione della fotografia come «studium» e come «punctum» (i due termini usati da Barthes in un distinguo illuminante), ma soprattutto dello storico e dell’effimero in cui viviamo.
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Augusto Pieroni – Leggere la fotografia, osservazione e analisi delle immagini fotografiche
Un percorso attraverso le multiforme e affascinante famiglia delle immagini fotografiche, un itinerario che aiuta ad impostarne con sicurezza la lettura fornendo metodi di analisi e occasioni di crescita critica. Il testo include varie sezioni tematiche e utili strumenti quali il glossario, le schede di esercitazione e i molti esempi di lettura tratti dalla vita quotidiana. Grazie anche alle immagini di supporto, questo libro aiuta a gestire le variabili del linguaggio fotografico: un linguaggio che proprio perché sentito come quotidiano e familiare, raramente si lascia affrontare criticamente.
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Stephen Shore – Lezione di fotografia: La natura delle fotografie
In “Lezione di fotografia”, Stephen Shore esamina diversi metodi per comprendere e rapportarsi con diverse tipologie di fotografia: dalle immagini convenzionali alle vecchie fotografie, dai negativi ai file digitali. Questo libro, risultato dei numerosi anni in cui l’autore ha insegnato fotografia al Bard College, nello Stato di New York, è uno utile strumento per studenti, insegnanti e per chiunque voglia scattare fotografie migliori, o imparare a guardarle con maggiore consapevolezza. A fianco a una selezione delle opere dello stesso Shore, “Lezione di fotografia” contiene immagini che abbracciano tutta la storia della fotografia, dalle opere dei padri di questa tecnica, quali Alfred Stieglitz e Walker Evans, a quelle di artisti contemporanei come Collier Schorr e Thomas Struth. Abbraccia diversi generi, come la fotografia di strada, la fotografia d’arte e la fotografia documentaria, come pure immagini di fotografi sconosciuti, si tratti di vecchie foto ricordo o di fotografie aeree scattate nel corso di rilevamenti cartografici. Shore utilizza queste opere, insieme alla sua prosa precisa, incisiva e accessibile, per dimostrare come, di fronte alla macchina fotografica, il mondo venga trasformato in una fotografia.
Un’opera essenziale per imparare a guardare e a interpretare la fotografia, scritta da Stephen Shore, uno dei più importanti fotografi contemporanei Shore esplora le varie possibilità di interpretare fotografie di ogni genere ed epoca, da quelle entrate nell’immaginario collettivo agli scatti “trovati”, dai negativi ai file digitali Frutto della lunga esperienza dell’autore come insegnante di fotografia al Bard College, il volume costituisce uno strumento fondamentale non solo per la didattica, ma anche per chiunque voglia scattare fotografie migliori o semplicemente affinare il proprio sguardo Il volume spazia dall’analisi di opere di padri della fotografia come Alfred Stieglitz e Walker Evans fino agli di artisti contemporanei come Collier Schorr.
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In questo agile libretto, un grande protagonista del panorama della fotografia italiana concentra la sua straordinaria esperienza maturata in più di mezzo secolo vissuto tra le immagini. La sua attività di fotografo nel campo del sociale, lo sviluppo di un’impostazione anarchica della teoria fotografica, l’indagine dei cambiamenti della società attraverso un’osservazione partecipata: sono soltanto alcuni degli ingredienti che compongono la vita avventurosa di Ando Gilardi e che, qui, si trasformano in riflessioni indispensabili per tutti i giovani che aspirano a diventare fotografi.
La fotografia è un’arte difficile, spesso praticata in modo amatoriale come distrazione dai pensieri quotidiani. E proprio a chi fotografa per diletto può risultare preziosa l’esperienza di Gilardi che, pur nella consapevolezza di trovarsi di fronte a un mezzo in continua evoluzione, conosce a fondo i meccanismi e i segreti di uno dei modi più meravigliosi che abbiamo per soddisfare il nostro “bisogno visivo”.
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Nei nostri ambienti la discussione sul passaggio dall’era della fotografia analogica a quella digitale è un argomento frequente ed i titoli e le discussioni sono ultimamente proliferati. L’autore nel sottotitolo si chiede se si tratti di una vera rivoluzione. Nella prefazione Marra vuole subito precisare che il suo non è un libro contro la fotografia digitale e prende le distanze da tutti coloro che “di fronte al nuovo, e soprattutto al nuovo tecnologico, automaticamente si abbandonano al triste rimpianto per ciò che non è più…” e fa un paragone con chi rimpiange i vecchi dischi in vinile, ma precisa che “…per la fotografia c’è in gioco ben altro…”
Il testo si addentra anche nella comprensione della struttura tecnica della fotografia digitale, perché Marra è convinto che ciò che si definisce “significato” o “messaggio” derivi direttamente dalla struttura materiale del mezzo. Continua poi con gli interrogativi semiotici che il rapporto tra fotografia e realtà ha posto all’arte ed alla comunicazione in genere. Il libro è corredato anche da una sezione “Sul campo” dove l’autore compila brevi schede dedicate ad una piccola selezione di autori con la volontà di offrire una breve ricognizione di quanto si sta realizzando in campo digitale. L’intento è pregevole perché permette di uscire dalle discussioni astratte e di passare ad aspetti più pratici, che è poi quello che più interessa noi fotoamatori. Il testo è uno sviluppo di un saggio dello stesso autore del 2002 dal titolo “la falsa rivoluzione del digitale”, e questa necessità di riprendere dopo pochi anni l’argomento testimonia la vivacità della discussione in atto. Il volume si conclude con due suoi precedenti saggi aggiunti in appendice. Il primo del 2000 dal titolo “L’asse Rose/Duchamp“ non trattava di digitale, ma della presunta “ingenuità” della fotografia analogica nel riproporre la realtà “tale e quale”, argomento che oggi i “digitalisti” proclamano di aver superato dichiarandosi “postanalogici”. Era vera ingenuità? E’ stata veramente superata? E poi… anche se fosse, sarebbe un fatto infamante? Nel secondo testo in appendice “A che Santa votarsi” l’autore racconta la storia di santa Veronica Giuliani, che, tra altre, è considerata la patrona delle fotografia (Veronica=vera icona), e un po’ provocatoriamente si chiede se il cambiamento del rapporto tra fotografia e realtà non debba anche far pensare ad un cambio di patrona: Cosa, come dice l’autore, apparentemente di interesse folcloristico, personalmente credo che in un paese di santi, poeti e marinai, che vive sempre ed ancora alla ricerca delle sue “identità”, la cosa può anche avere interessanti sviluppi. Marra propone un interessante e originale confronto tra le due tecniche, ma per discutere di temi sempre aperti: fotografia e rappresentazione o manipolazione della realtà, la responsabilità del fotografo (se così si può ancora chiamare), la spinosa relazione con l’arte, ed i rapporti con l’informazione e la comunicazione. Se l’avvento della tecnologia digitale ha cambiato il modo di fotografare, lo sguardo del fotografo, la mia domanda è: l’atto creativo fotografico è prima un atto tecnico o è un’idea espressiva? Allora mi chiedo se l’arte manuale per sua natura sublima la realtà e la fotografia tradizionale invece la valorizzava, la fotografia digitale è in verità una antirivoluzione? Più che un falsa rivoluzione. Marra ci da la sua interpretazione sicuramente non di rottura, ma di mediazione tra mezzi espressivi (non solo figurativi, si pensi anche alla musica o alla scrittura), che nel digitale possono trovare unico prototipo di linguaggio, magari più consono al vero funzionamento del nostro apparato mentale nel percepire e riprodurre la realtà. Marra non tratta espressamente del tema che ai fotoamatori è molto caro: la facilità di manipolazione (la post produzione per intenderci) che offre il digitale apre a tutti la possibilità di sublimare la realtà, cosa un tempo concessa solo ai capaci in tecniche complesse, ma approfondisce l’idea del rapporto tra espressione e mezzo, tra arte e comunicazione (magari solo documentazione) ed alla fine è questo a cui, pur non confessandolo, pensiamo un po’ tutti quando immaginiamo, scattiamo, scegliamo e presentiamo le nostre “opere”.
Claudio Marra insegna Storia della fotografia al DAMS di Bologna ed ha all’attivo vari testi sull’argomento.
Recensione pubblicata nel mese di gennaio 2008 in qTp Magazin N° 0 – www.qTp.it.
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Claudio Marra – Fotografia e pittura nel Novecento – Una Storia “senza combattimento”
La fotografia ha semplicemente “prolungato” la pittura con altri strumenti, finendo così per suscitare una sorta di lite in famiglia, oppure ha aperto nuovi e differenti scenari?
Apparentemente simile a un quadro, tanto da far pensare di poterne ricalcare la logica di funzionamento, la fotografia si dimostra invece paradossalmente vicina a tutte quelle ricerche che nel Novecento, proprio al quadro e alla relativa idea di arte si sono contrapposte: dal Ready made alla Body Art, dalla Performance all’Arte Concettuale in genere. Per la prima volta indagati in modo completo e articolato, i rapporti tra fotografia e pittura finiscono per riportare il discorso su un piano più generale, quello della fondamentale dinamica che ha sostenuto e posto in trazione dialettica le vicende artistiche di questo secolo.
Con 90 fotografie in bianco e nero
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Michael Freeman – L’occhio del fotografo – La composizione nella fotografia digitale
Un’adeguata padronanza delle regole della composizione è indispensabile per realizzare fotografie efficaci. la capacità di riconoscere un’opportunità fotografica e di organizzare gli elementi grafici in un insieme riuscito è da sempre una delle qualità più apprezzate in un fotografo. la svolta digitale ha influenzato profondamente il modo di avvicinarsi alla fotografia, rivoluzionando le tecniche della composizione: innanzitutto perché l’immediato feedback possibile permette di valutare e migliorare all’istante le proprie foto: in secondo luogo perché i software per l’elaborazione delle immagini consentono di alterare e ottimizzare la composizione anche dopo aver eseguito lo scatto. il libro esplora gli approcci tradizionali alla composizione, ma affronta anche alcune tecniche digitali, come lo stiching e High Dynamic Range Imaging, che si avvalgono delle nuove tecnologie per ampliare le possibilità creative senza compromettere l’originalità della visione del fotografo.
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