Nell’ottobre del 2011 iniziavo ufficialmente la stesura, in forma di libro, delle mie idee sul ruolo della post-produzione in fotografia. In precedenza avevo scritto alcuni articoli, pubblicati sul mio blog e intrapreso alcune discussioni su forum.
Man mano che mi trovavo ad affrontare questo argomento con questi metodi – utili ma inevitabilmente limitati nelle possibilità di approfondimento – mi convincevo che soltanto in un libro queste considerazioni avrebbero trovato la loro giusta collocazione.
Così ho riorganizzato alcuni scritti e dato il “la” alla stesura del testo che, nei successivi tre anni, sarebbe diventato “Processo alle fotografie – Realtà e postproduzione, una battaglia senza fine“, edito dalla Leonida Edizioni di Reggio Calabria. Benchè lo scrivere abbia sempre fatto parte della mia vita, nel tempo libero e nel lavoro, non è stato facile adattarsi alla forma del saggio, dunque ragionare su un corpus di più ampio respiro, ove le idee si sviluppano non più in duemila o tremila battute ma in oltre duecentocinquantamila.
La forma, inoltre, doveva essere abbastanza semplice da poter essere compresa anche da chi non pratica la fotografia in modo impegnato, senza però sacrificare i contenuti. Questi ultimi sono stati coadiuvati da una bibliografia essenziale di testi cardine nel settore, che ho letto e studiato nel corso di questi tre anni ed anche in precedenza.
La prefazione è di Sandro Iovine, Direttore e Fondatore della rivista FPMag, ex direttore della rivista “Il Fotografo”, docente universitario ed esperto di fotogiornalismo, comunicazione visiva e lettura delle immagini, che dall’alto della sua esperienza introduce il testo con un’analisi dal sapore di saggio breve, corredata da una ricca bibliografia.
Non pretendo di aver creato un testo eccezionale, anzi credo sia abbastanza semplice nel modo in cui affronta il tema. Lo scopo era, tuttavia, quello di affrontare delle tematiche molto importanti e già indagate da illustri autori in modo un pò più alla portata del lettore non avvezzo alla fotografia, che troverebbe estremamente pedanti testi, pur fondamentali nella letteratura di settore, come “Sulla Fotografia” di Susan Sontag, oppure “La camera chiara” di Roland Barthes.
Finito il lavoro si trattava di doverlo pubblicare e sono contento di aver trovato la cortesia e la disponibilità della Casa Editrice Leonida di Reggio Calabria, che mi ha proposto un vero contratto di edizione, assistendomi nell’impaginazione e nella correzione del manoscritto.
SINOSSI
Si tratta di un saggio che ha come tema dominante la fotografia; in particolare il ruolo della postproduzione e la sua influenza sul modo di intendere e valutare le fotografie da parte del grande pubblico. Il testo nasce dalla mia personale esperienza, frutto del contatto con il pubblico che osserva da una posizione che definirei “non privilegiata”, intendendo con tale termine la posizione di chi chi osserva (dunque giudica) le fotografie solo sulla base di quel, tanto diffuso quanto errato, convincimento di conoscerne i meccanismi tecnici e semantici di funzionamento, derivante unicamente dall’enorme diffusione del medium.
Il primo argomento ad essere trattato è il rapporto tra processo e prodotto in fotografia alla luce delle nuove tecnologie attraverso le quali quest’ultima si manifesta. Il fatto che la condivisione delle immagini passi, oggi, prevalentemente attraverso i sistemi digitalizzati e i social network, impone una rivisitazione del concetto di prodotto, che non è più la stampa tradizionale ma si sovrappone al processo. In definitiva, ciò che oggi è inteso come fotografia è qualcosa di aleatorio ed a tratti incompleto, dunque ancora nell’alveo della post produzione.
Il passo successivo è l’analisi del processo fotografico, inteso come procedimento tecnico necessario all’ottenimento di una fotografia e distinto nelle varianti chimica e digitale.
La seconda parte del testo, invece è incentrata sul rapporto tra fotografia e realtà, nel tentativo di fornire una risposta all’interrogativo se la Fotografia sia o meno una esatta riproduzione del mondo. Tutto questo si sviscera attraverso: 1) l’analisi della Fotografia in bianconero, ontologicamente non reale in quanto priva di colore; 2) l’analisi dei casi legati a fotografie tendenzialmente neutre nella resa tonale e cromatica ma alterate nella rappresentazione attraverso escamotages preliminari, che definisco come pre-produzione; 3) delle considerazioni sul fotomontaggio, al fine di recuperarne una utilità ai fini della valida rappresentazione; 4) infine una digressione sulla qualità dell’osservazione da parte del pubblico e sugli standard di tolleranza, intesi come i parametri di valutazione delle immagini da parte dell’osservatore medio e la loro natura.
Vi invito a leggerlo e a formulare le vostre impressioni, anche in forma di e-mail o di commento al presente post. Sarò ben lieto di intrattenere con tutti voi proficue discussioni di confronto.
__________________________________________________________________
Dallo scaffale di FOTOCRAZIA, di Michele Smargiassi:
“In questo processo alla postproduzione, l’autore si nomina avvocato difensore. Se la fotografia è ormai più processo che prodotto, non esiste foto che per poter esistere non sia lavorata, dunque non si può addossare a Photoshop & C. la colpa intrinseca di ogni tradimento fotografico della realtà. Qualche ovvietà che è però necessario ribadire (la fotografia non è mai copia fedele della realtà), e una certa esitazione a passare con decisione dall’etica degli strumenti all’etica degli usi che porta alla fine a individuare frettolosamente un solo colpevole: l’ignoranza dei fotografi di massa. Ma alla fine è un pamphlet appassionato, con un punto di vista ragionevole su una delle discussioni più franitese nel campo del fotografico”
Dove se ne è parlato:
- Su Imagorà
- Sul blog di Sara Munari
- Su Strill
- Su Citynow
- Su FPMagazine, di Sandro Iovine
- Su Nuovo Giangurgolo
- Su Eventi Oggi
- Al Tropea Festival
- Su Hey Event
- Al Gruppo Progetto Immagine di Lodi
- Da Met Levi Photo Lab a Crema
Follow me