Nel 2011 pubblicavo questo articolo sul mio blog, le cui finalità sono oggi traferite in parte in questo sito.
A sua volta, quell’articolo è il frutto di numerosi confronti avuti nel corso degli anni, sia con fotografi, sia con fotoamatori (anche e soprattutto esperti), sia con persone che la fotografie si limitano ad osservarle, o a prenderle avvalendosi dei numerosi apparecchi automatizzati (cellulari compresi) oggi in circolazione, senza impegnarsi nello studio e nell’applicazione dei principi di base della fotografia.
Nel corso di questi confronti mi sono sempre ritrovato a dover spiegare che non sempre una fotografia venuta bene è il frutto di manipolazioni volti a distorcere il dato reale in quanto sciatto ed al fine di condurre ad un risultato bello ma falso. Ciò è sicuramente possibile, e non soltanto oggi che la fotografia è digitale – dunque assoggettata ai “processi informatici” di cui photoshop è, suo malgrado, portabandiera – ma anche in passato, quando ogni intervento doveva realizzarsi in camera oscura, tra acidi e rivelatore. Tuttavia non è implicito in ogni fotografia ritenuta “bella”.
E se mi soffermo sulle belle immagini è perchè per quelle ritenute brutte non ci si scomoda a tacciarle di essere fraudolente, benchè anche quelle possano essere ottenute con procedimenti che allontanano dal dato reale. <<Sono brutte, dunque il fotografo certamente non le ha “ritoccate”, altrimenti sarebbero state belle>>. Perché vedete, è proprio quello che sta pian piano accadendo: le immagini brutte stanno iniziando ad avere più consensi di quelle belle perchè ritenute più genuine!
Ovviamente non è così, altrimenti la competenza e la conoscenza delle leggi della fotografia andrebbero a farsi benedire. Purtroppo, la assai elevata disconoscenza in campo fotografico – direttamente proporzionale al numero di persone che, oggi, fotografano – sta conducendo a situazioni paradossali come quella descritta.
Altre volte la distorsione del dato reale, benchè rilevante, si concretizza a prescindere da manipolazioni estetizzanti, essendo implicita nella stessa dimensione fotografica di una immagine. “La fotografia“, è stato osservato, “non può che mentire, ma lo ammetterebbe sinceramente se i bugiardi non la costringessero a fingere di essere sincera“.
Questo, ed altri motivi mi hanno indotto, ormai tre anni or sono, a iniziare la stesura del libro che ho recentemente ultimato ed il quale, salvo rimaneggiamenti dell’ultim’ora, avrà il titolo di questo articolo. Il testo, in attesa di un contratto di edizione, deriva direttamente dalla mia personale esperienza nel mondo della fotografia, sviluppatasi a partire dall’interesse verso la mera tecnica, per poi declinare, opportunamente, verso un approfondimento in chiave teleologica. In questo personale percorso, numerosi sono stati i testi e gli autori che hanno influenzato la mia forma mentis e di essi dò contezza nella bibliografia e nelle note che accompagnano la lettura.
Il risultato non pretende di essere esaustivo, nè di costituire un punto di riferimento della letteratura nel campo; tuttavia, costituisce per me un importante traguardo che, spero, possa essere utile a chi decide di avvicinarsi alla fotografia in modo più consapevole di quello suggerito, con eccessiva forza, dalla società moderna.
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